La presenza di animali in condominio e' spesso fonte di litigi tra condomini che trascina talvolta gli interessati anche nelle aule di Tribunale.
Limiterei tuttavia quanto affermato alla presenza di cani piuttosto che dei gatti, silenziosi e riservati per natura, od animali esotici, sicuramente meno diffusi.
E' bene chiarire che nel caso in cui il regolamento condominiale sia stato predisposto dal costruttore o sia stato approvato all'unanimita' e preveda il divieto di tenere animali negli appartamenti, la clausola e' valida ed efficace nei confronti di tutti i condomini e degli aventi causa, ovvero anche chi dovesse acquistare successivamente un'unita' immobiliare dovra' attenersi a tale regola. Certo, quella regola potrebbe essere cambiata, ma solo all'unanimita' dei condomini. E cio' non significa che tutti i presenti in assemblea siano d'accordo ma che TUTTI i condomini devono essere favorevoli a cambiare.
Da quanto sopra ne discende anche che nel caso in cui il regolamento condominiale non preveda il divieto di cui stiamo parlando, allora potranno essere tenuti animali, ma comunque dovranno essere rispettati altri divieti, solitamente, e giustamente, inseriti nei regolamenti condominiali, a tutela della quiete dei condomini.
Qui di seguito alcune sentenze in proposito della Suprema Corte:
In tema di condominio di edifici il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva, sicché in difetto di un'approvazione unanime le disposizioni anzidette sono inefficaci anche con riguardo a quei condomini che abbiano concorso con il loro voto favorevole alla relativa approvazione, giacché le manifestazioni di voto in esame, non essendo confluite in un atto collettivo valido ed efficace, costituiscono atti unilaterali atipici, di per sé inidonei ai sensi dell'art. 1987 c.c. a vincolare i loro autori, nella mancanza di una specifica disposizione legislativa che ne preveda l'obbligatorietà.
(Cass. civ., Sez. II, 04/12/1993, n.12028)
Nell'ipotesi di violazione del divieto contenuto nel regolamento contrattuale di destinare i singoli locali di proprietà esclusiva dell'edificio condominiale a determinati usi (nella specie detenzione di animali), il condominio può richiedere la cessazione della destinazione abusiva sia al conduttore che al proprietario locatore. Peraltro, nell'ipotesi di richiesta nei confronti del conduttore, si verifica una situazione di litisconsorzio necessario con il proprietario, che quindi deve partecipare al giudizio in cui si controverte in ordine all'esistenza e alla validità del regolamento.
(Cass. civ., Sez. II, 08/03/2006, n.4920)
La compromissione del diritto di proprietà dei condomini può essere - per effetto di un regolamento contrattuale con il quale le parti sono libere di fissare i limiti che credono all'uso delle parti comuni dell'edificio e al diritto esclusivo del condomino - maggiore di quella stabilita dalla norma di cui all'art. 844 c.c. Deve, in particolare, escludersi che l'obbligo reciproco contenuto in un regolamento condominiale - e valido per tutti i condomini - di non tenere negli alloggi cani sia talmente limitativo del diritto di proprietà da poter essere paragonato al divieto, senza limiti di tempo per l'acquirente di un immobile e solo per lui, di utilizzazione dello stesso a fini commerciali. L'onere che i condomini hanno inteso, consensualmente, porre a loro carico - infatti - non soltanto non incide sul contenuto essenziale del diritto di proprietà, ma consiste in una semplice reciproca volontaria limitazione dell'utilizzazione del loro bene al fine di fruirne meglio, sotto altro profilo, il godimento.
(Cass. civ., 10/11/1998, n.11281)
Limiterei tuttavia quanto affermato alla presenza di cani piuttosto che dei gatti, silenziosi e riservati per natura, od animali esotici, sicuramente meno diffusi.
Da quanto sopra ne discende anche che nel caso in cui il regolamento condominiale non preveda il divieto di cui stiamo parlando, allora potranno essere tenuti animali, ma comunque dovranno essere rispettati altri divieti, solitamente, e giustamente, inseriti nei regolamenti condominiali, a tutela della quiete dei condomini.
Qui di seguito alcune sentenze in proposito della Suprema Corte:
In tema di condominio di edifici il divieto di tenere negli appartamenti i comuni animali domestici non può essere contenuto negli ordinari regolamenti condominiali, approvati dalla maggioranza dei partecipanti, non potendo detti regolamenti importare limitazioni delle facoltà comprese nel diritto di proprietà dei condomini sulle porzioni del fabbricato appartenenti ad essi individualmente in esclusiva, sicché in difetto di un'approvazione unanime le disposizioni anzidette sono inefficaci anche con riguardo a quei condomini che abbiano concorso con il loro voto favorevole alla relativa approvazione, giacché le manifestazioni di voto in esame, non essendo confluite in un atto collettivo valido ed efficace, costituiscono atti unilaterali atipici, di per sé inidonei ai sensi dell'art. 1987 c.c. a vincolare i loro autori, nella mancanza di una specifica disposizione legislativa che ne preveda l'obbligatorietà.
(Cass. civ., Sez. II, 04/12/1993, n.12028)
Nell'ipotesi di violazione del divieto contenuto nel regolamento contrattuale di destinare i singoli locali di proprietà esclusiva dell'edificio condominiale a determinati usi (nella specie detenzione di animali), il condominio può richiedere la cessazione della destinazione abusiva sia al conduttore che al proprietario locatore. Peraltro, nell'ipotesi di richiesta nei confronti del conduttore, si verifica una situazione di litisconsorzio necessario con il proprietario, che quindi deve partecipare al giudizio in cui si controverte in ordine all'esistenza e alla validità del regolamento.
(Cass. civ., Sez. II, 08/03/2006, n.4920)
La compromissione del diritto di proprietà dei condomini può essere - per effetto di un regolamento contrattuale con il quale le parti sono libere di fissare i limiti che credono all'uso delle parti comuni dell'edificio e al diritto esclusivo del condomino - maggiore di quella stabilita dalla norma di cui all'art. 844 c.c. Deve, in particolare, escludersi che l'obbligo reciproco contenuto in un regolamento condominiale - e valido per tutti i condomini - di non tenere negli alloggi cani sia talmente limitativo del diritto di proprietà da poter essere paragonato al divieto, senza limiti di tempo per l'acquirente di un immobile e solo per lui, di utilizzazione dello stesso a fini commerciali. L'onere che i condomini hanno inteso, consensualmente, porre a loro carico - infatti - non soltanto non incide sul contenuto essenziale del diritto di proprietà, ma consiste in una semplice reciproca volontaria limitazione dell'utilizzazione del loro bene al fine di fruirne meglio, sotto altro profilo, il godimento.
(Cass. civ., 10/11/1998, n.11281)
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