Secondo una sentenza del Tribunale di Varese, un condomino, senza una delibera dell'assemblea condominiale che lo autorizzi espressamente, non puo' installare un impianto di videosorveglianza al fine di tutelare la propria personale sicurezza.
E’ pur vero che ormai vi e' un orientamento consolidato secondo il quale un tale comportamento, anche se assunto contro la volontà degli altri comproprietari, non integra il reato di interferenze illecite nella vita privata di cui all’art. 615 bis codice penale. Cio' in quanto la tutela penale del domicilio è limitata a quello che avviene in luoghi di provata dimora, non visibili ad estranei.
La questione concerne la liceità del comportamento di un singolo condomino che, senza previa delibera assembleare, installi, al fine di tutelare la propria personale sicurezza, un impianto che riprenda anche aree condominiali comuni, con conseguente sacrificio del diritto alla riservatezza degli altri condomini e di terzi tutelato direttamente dall’art. 2 Costituzione.
Ma vediamo come si e' espresso al riguardo il Garante per la Privacy per stabilire alcuni punti fermi. 
In
 primo luogo vi è da precisare che l'installazione di tali impianti, se 
effettuata nei pressi di immobili privati e all'interno di condominii e 
loro pertinenze, non è soggetta al Codice in materia di dati personali 
(D.Lgs. 196/2003) quando i dati non sono comunicati sistematicamente o 
diffusi. Nonostante ciò, richiede comunque l'adozione di cautele a 
tutela dei terzi (art. 5, comma 3, del Codice).
In particolare le 
riprese devono essere limitate esclusivamente agli spazi di propria 
esclusiva pertinenza (ad esempio quelli antistanti l'accesso alla 
propria abitazione) escludendo ogni forma di ripresa, anche senza 
registrazione di immagini, relative ad aree comuni (cortili, 
pianerottoli, scale, garage comuni) o antistanti l'abitazione di altri 
condomini.
Nel caso in cui la ripresa delle aree condominiali sia
effettuata da piu' condomini o dal condominio trova applicazione il 
citato Codice.
L'installazione di questi impianti è ammissibile 
esclusivamente per assicurare la sicurezza di persone e la tutela di 
beni da concrete situazioni di pericolo, di regola costituite da 
illeciti già verificatisi, oppure nel caso di attività che comportano, 
ad esempio, la custodia di denaro, valori o altri beni (recupero 
crediti, commercio di preziosi o di monete aventi valore numismatico). 
Poiché,
 ad ogni modo, comporta l'introduzione di una limitazione e comunque di 
un condizionamento per i cittadini, deve essere rifiutato ogni uso 
superfluo nonchè ogni utilizzazione eccessiva rispetto allo scopo da 
raggiungere. Scopo che deve essere determinato, esplicito e legittimo e,
 soprattutto, di pertinenza del titolare dell’impianto.
 
Ma il 
Tribunale di Varese si e' spinto oltre statuendo che neppure l’assemblea 
condominiale possa deliberare l’installazione dell’impianto di 
videosorveglianza, in quanto lo scopo della tutela dell'incolumità delle
 persone e delle cose dei condomini, non essendo finalizzata a servire i
 beni comuni e concretandosi in una lesione di un diritto fondamentale 
della persona tutelato direttamente dall’art. 2 Cost., esula dalle 
attribuzioni dell'assemblea stessa (cosi' anche il Tribunale di Salerno -14 dicembre 2010),  non avendo il condominio alcuna potestà limitativa dei diritti
 inviolabili della persona.
Pertanto,
 il sistema di videosorveglianza può essere installato soltanto nel caso
 in cui la decisione sia deliberata all’unanimità dai condomini, 
perfezionandosi in questo caso un comune accordo e, 
quindi, con il consenso espresso, libero e documentabile per iscritto 
come prescritto dall’art. 23 del Codice in materia di protezione dei 
dati personali. 

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